Coronavirus e trattamento dei maltrattanti: il CIPM Emilia
Sono attualmente 33 i maltrattanti seguiti dal CIPM Emilia, la cui presa in carico è legata anche alla collaborazione instaurata con Questura, Polizia Penitenziaria e carcere di Piacenza "dove c'è anche un nostro gruppo di lavoro" ricorda la Dott.ssa Silvia Merli, Presidente CIPM Emilia.
"Noi (...) abbiamo in carico i cosiddetti "maltrattanti": li seguiamo per far cambiare i loro comportamenti. (...) Fortunatamente solo 2 su 33 si trovano a casa con le vittime: si tratta delle situazioni più difficili da tenere sotto controllo. (...) Attualmente, per seguire le norme COVID-19, il servizio è garantito telefonicamente e in via telematica. (...) In casi di comportamenti gravi però siamo disponibili di persona, perchè vogliamo mantenere attivi i nostri percorsi", ha specificato la Dott.ssa Merli.
Il CIPM Emilia lavora inoltre sul territorio per sensibilizzare e prevenire l'instaurarsi di situazioni e relazioni potenzialmente violente, promuovendo modelli relazionali basati sul rispetto reciproco. Partecipa inoltre al tavolo provinciale contro la violenza di genere e promuove attività formative e iniziative presso le scuole.

"Prevenire e contrastare la violenza sulle donne passa anche attraverso una rieducazione degli uomini violenti ed aggressivi" ricordava inoltre il quotidiano Libertà qualche mese fa, quando la Dott.ssa Silvia Merli sottolineava la positiva crescita sia degli invii da parte di Servizi Sociali e degli avvocati sia degli autoinvii, tipici di quelle situazioni in cui gli uomini riconoscono di presentare dinamiche aggressive e decidono di farsi aiutare.
https://www.youtube.com/watch?v=l1IHz1Scp7k
"Prima dell'alba": Presidio Criminologico Territoriale
Durante la trasmissione di Salvo Sottile “Prima dell’alba” del 7 marzo 2020 è andato in onda in replica il servizio dedicato al Presidio Criminologico Territoriale del Comune di Milano gestito dal CIPM. Il servizio include interessanti interviste e riprese effettuate durante lo svolgimento dei gruppi trattamentali di prevenzione della recidiva per autori di reati sessuali, svolti in contesto extra-murario.
“La violenza è una modalità inadeguata di far fronte alle difficoltà” ricorda Francesca Garbarino, criminologa e Vice-Presidente CIPM. E alla domanda di Salvo Sottile, “Come li aiutate a uscire da questa spirale di violenza?”, risponde: “li aiutiamo offrendo uno spazio dove possono venire a parlarne, soprattutto attraverso un’offerta di trattamento di gruppo, che noi riteniamo sia la più potente. (…) C’è un confronto e un realizzare che ci sono delle strade diverse, c’è il rischio di finire in carcere, di avere delle conseguenze personali e di crearne di gravi alla propria famiglia, oppure ci si può render conto che ci sono persone che vengono spontaneamente solo perché temono di commettere qualcosa e quindi c’è una possibilità di cambiamento, di fermarsi prima”.
“Noi diamo per scontato che il perdono sia una cosa dovuta: non è così. Con quello che abbiamo commesso abbiamo un debito troppo grande, che non si estingue finita la pena, che non si estingue solo partecipando a un percorso. Abbiamo un debito verso sia le vittime sia le vittime collaterali”; “Io campanelli (d’allarme) non ne ho mai sentito, vorrei sentirli prima di sbagliare.. ci sono ricaduto dopo 9 o 10 anni sullo stesso reato e non ho capito perchè ho fatto questo reato sapendo che è sbagliato.. la moglie mi ha chiesto <<perchè l’hai fatto?>>, anch’io me lo sono chiesto però non ho avuto nessuna risposta..”; “Io sto vedendo dei cambiamenti a livello familiare che stanno portando un po’ tutti a star meglio” affermano alcuni dei partecipanti dei Gruppi Trattamentali di prevenzione della recidiva.
Salvo Sottile incontra poi Marco, 29 anni, che frequenta il Presidio Criminologico Territoriale da 4 anni e ricorda: “la cosa scatenante è stata un atto di violenza nei confronti della mia ex compagna (…) le misi le mani al collo e mi ricordo che le ho fatto parecchio male con questo gesto (…) [l’ho fatto] perchè aveva detto che io avrei visto mio figlio soltanto nel weekend come fanno miliardi di padri stronzi e irresponsabili” “E tu eri un padre stronzo?” “No, un padre stronzo no, ma magari..” “Un marito stronzo si” “Si, diciamo di si”. E continua “quando ti rendi conto che stai facendo del male subentra subito lo spavento, poi il pentimento, però ormai (…) è troppo tardi (…) non sono riuscito a giustificarmi e mi sono spaventato, mi sono sentito (…) una persona molto malvagia, molto cattiva; (…) mi sono reso conto che ero realmente a rischio di perdere completamente tutto perchè lei comunque la amavo fortemente (…); la cosa che ho compreso è che non c’è da guarire, ma che c’è da comprendersi che è una delle cose più difficili; se tu sei una persona molto impulsiva (…) è una lotta quotidiana”.
Per rivedere il servizio (dal minuto 15), clicca qui.
"Metti lo stupratore allo specchio" | LETTERADONNA.IT
"Metti lo stupratore allo specchio" | LETTERADONNA.IT 2017
A partire dal documentario "Un altro me" di Claudio Casazza, il Dott. Paolo Giulini, criminologo clinico e Presidente CIPM, intervistato da LETTERADONNA, ha risposto ad alcune domande in merito al trattamento degli autori di reati sessuali presso l'Unità di Trattamento Intensificato (UTI) del carcere di Bollate.
"Loro nel gergo del carcere si chiamano «infami», in quello tecnico «sex offenders»: sono dentro perché hanno abusato di una donna o di un minore, e, una volta usciti dopo mesi o anni di isolamento, rischiano di commettere nuovamente lo stesso crimine" scrive Giulia Mongolini di LETTERADONNA. Per scongiurare il rischio di recidiva, da anni il CIPM porta avanti un'intensa attività trattamentale all'interno del carcere di Bollate. L'adesione al percorso UTI è su base volontaria e "scegliere di partecipare è come iniziare a guardarsi costantemente allo specchio sapendo che si vedrà qualcosa di molto torbido, sporco, inconfessabile (...) ".
Di seguito un estratto dell'intervista.
D: Qual è il primo passo di questo percorso?
R: Entrare in contatto con la gravità di quello che hanno commesso e con la loro problematicità.
D: Qual è esattamente?
R: Quella che per soddisfare dei bisogni legittimi che abbiamo tutti – di piacere, contatto, padronanza – utilizzano una modalità disfunzionale, errata, perché colpiscono un'altra persona per mezzo di un'aggressione. Hanno condotte devianti, aggressive e violente.
D: Credo sia difficile generalizzare, ma tendenzialmente sono consapevoli della loro problematicità?
R: In molti casi no, infatti presentano spesso meccanismi di difesa molto massicci caratteristici di questa popolazione: di minimizzazione della loro responsabilità (e se minimizzo, va a finire che do colpa alla donna o al minore) e distorsioni cognitive, un aspetto molto presente, che fa fare loro appunto pensieri distorti rispetto alla realtà. Lavoriamo molto su questo.
D: Un esempio di «distorsione cognitiva»?
R: Quando il sex offender ci dice: «La ragazzina di 12 anni mostrava interesse per me». Oppure: «Mentre la abusavo, quella donna sospirava perché provava piacere».
D: Quindi si va oltre l'ossessione per il sesso in quanto tale: il problema è volerlo fare con persone non consenzienti per poterle controllare.
R: Sì, non è semplicemente spiegabile con la fantasia sessuale perversa violenta, ma con aspetti di distorsioni relazionali. È un po', appunto, come trarre piacere non dall'atto sessuale in sé, quanto dalla modalità di imporsi.
"Va bene intercettarli, punirli, ma è importante che questo sistema delle pene sia efficace e li restituisca alla società non congelati con quei meccanismi psicopatologici che sono alla base dei loro atti, ma con un minimo di elaborazione che li permetta di non ripeterli" ha ricordato il Dott. Paolo Giulini. Se non si interviene, durante la pena detentiva si rischia quell'ibernazione penitenziaria che impedisce al detenuto di attivare un'elaborazione rispetto al reato commesso, rischiando di rendere poco efficace la pena in termini di prevenzione della recidiva.
Per scaricare il PDF con l'intervista completa, clicca qui.
il Sole 24 Ore | Alley Oop: il Protocollo Zeus
Il Protocollo Zeus, nato il 5 aprile 2018 e rinnovato fino a fine 2022, stipulato tra la Questura di Milano e il CIPM, stabilisce che tutti i soggetti ammoniti per stalking, violenza di genere e cyber bullismo dopo l’ammonimento svolgano un percorso trattamentale presso il CIPM, in un’ottica di prevenzione di una pericolosa escalation.
Il protocollo "punta a bloccare le recidive degli episodi di violenza sul nascere, quando ancora non sono caduti nella fattispecie del reato penale intervenendo (...) sul maltrattante", si legge nell'articolo del Sole 24 Ore. Dopo l'ammonimento, ricorda Alessandra Simone, a capo della divisione anticrimine della Questura di Milano, "La persona viene inviata da un’equipe di professionisti specializzati nel trattare le persone con problemi relazionali, violente e maltrattanti. Inizia quindi un percorso che punta a un cambiamento profondo con l’obiettivo finale di un calo delle recidive. Perché la caratteristica dei soggetti che compiono questi atti è proprio la recidiva: se la vittima riesce ad affrancarsi, a liberarsi, a uscire dal tunnel spesso trovano un’altra vittima. Per questo è importante agire anche su di loro".
E prosegue: "Dall’avvio del Protocollo Zeus, il 5 aprile 2018, al 12 dicembre 2019 la percentuale di soggetti ammoniti che si è presentata al Cipm per intraprendere un percorso è stata dell’80,6%. Di questi 179 soggetti trattati, solo 12 hanno realizzato ulteriori condotte dopo l’ammonimento. Se guardiamo al 2019, aumenta la percentuale (84,87%) e diminuiscono le recidive: dei 119 soggetti, solo 6 hanno realizzato ulteriori condotte dopo l’ammonimento. Questo ci fa dire che sta aumentando l’efficacia del nostro intervento, aumentano i risultati positivi e calano le recidive"
Per leggere l'intero articolo, clicca qui.
CIPM Milano: sospensione attività trattamentali di gruppo fino al giorno 01/03/2020
⚠ ATTENZIONE ⚠
In linea con le disposizioni di contrasto al Covid-19, si comunica la SOSPENSIONE di tutte le attività trattamentali di gruppo tenute dal CIPM presso carceri, Presidio Criminologico Territoriale e sede di via Correggio, fino al giorno 07/03/2020.
Viene dunque sospesa per motivi precauzionali tutta l’attività trattamentale settimanale dei 30 nostri gruppi che coinvolgono una quindicina di operatori e circa 250 utenti, mentre proseguono i colloqui e le prese in carico individuali fuori dalle carceri, nella nostra sede e nei nostri Servizi.
In particolare, il lavoro trattamentale di gruppo coinvolge le seguenti strutture e servizi:
➡️ Casa di Reclusione di Milano-Bollate: 14 gruppi UTI (Unità di Trattamento Intensificato per rei sessuali) + 1 gruppo maltrattanti e stalker
➡️ Casa Circondariale di Milano San Vittore: 1 gruppo
➡️ Casa Circondariale di Pavia: 3 gruppi
➡️ Casa di Reclusione di Milano-Opera: 2 gruppi
➡️ Casa Circondariale di Monza: 1 gruppo
➡️ Presidio Criminologico Territoriale di Milano: 4 gruppi + 1 gruppo quindicinale per familiari
➡️ Presidio Criminologico Territoriale di Pavia: 1 gruppo
➡️ CIPM Milano via Correggio: 1 gruppo adolescenti + 1 gruppo sostegno per le vittime
Ci auguriamo di poter riprendere le attività trattamentali quanto prima in piena sicurezza.
12 marzo 2020, Rete Dafne Sardegna: il trattamento degli autori di reato sessuale e di violenza domestica
12 marzo 2020, Rete Dafne Sardegna | Cittadella Universitaria Monserrato
La Dott.ssa Susanna Murru del CIPM Sardegna interverrà per affrontare il delicato tema del trattamento clinico criminologico degli autori di reato sessuale e di violenza domestica.
Il CIPM Sardegna e la Fondazione Giulini rientrano infatti a pieno titolo tra i soggetti promotori del progetto Rete Dafne Sardegna, nato il 22 marzo 2018 e operativo dal 12 ottobre 2018.
Rete Dafne "È un progetto finalizzato alla costituzione di una rete che possa garantire ad ogni vittima di reato accoglienza, ascolto, informazione sui propri diritti, supporto psicologico e psichiatrico, orientamento, accompagnamento ai servizi e mediazione. La Sardegna è la terza regione in Italia ad ospitare la Rete Dafne, nata a Torino e successivamente creata anche a Firenze" spiega Rete Dafne sul proprio sito.
Gli operatori della Rete Dafne Sardegna, nelle due sedi di Sassari e Cagliari, sono psicologi, psichiatri, avvocati, assistenti sociali, educatori e mediatori che offrono gratuitamente diversi servizi a supporto delle vittime di qualsiasi reato. In particolare, i servizi offerti da Rete Dafne Sardegna sono:
- accompagnamento ai servizi
- sostegno psicologico
- luogo sicuro
- mediazione
- informazione sui diritti
- consulenza medico psichiatrica
Per maggiori informazioni sul progetto, contatti e servizi offerti, clicca qui.
CIPM Emilia e Polizia di Stato: il "Progetto Camper - Questo non è amore"
In occasione della festa degli innamorati, la Questura di Piacenza ha rimesso in atto la campagna informativa antiviolenza della Polizia di Stato "Progetto Camper - Questo non è amore". La campagna è servita anche per informare i cittadini rispetto ai servizi offerti dal CIPM Emilia, specializzato in attività di prevenzione contro la violenza su donne e minori.
"Alle donne diciamo: non accettate nemmeno uno schiaffo, è il segno di qualcosa che non va" ha affermato nell'articolo la dirigente dell'Anticrimine Maria Pia Romita
Pordenone | 21-22 febbraio 2020 "Ripensare la violenza. Il lavoro in rete"
"Ripensare la violenza. Il lavoro in rete" | Pordenone, 21-22 febbraio 2020
Il Dott. Paolo Giulini, la Dott.ssa Francesca Garbarino e altri colleghi del CIPM Milano parteciperanno alle giornate di convegno e formazione "Ripensare la violenza. Il lavoro in rete". Oggetto dell'intervento sarà, in particolare, “Il lavoro con gli uomini maltrattanti nella rete milanese” con la presentazione della rete costruita dal CIPM Milano.
Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione. Antoine de Saint– Excupéry
"Il contrasto alla violenza di genere non è soltanto una grande questione di civiltà e di rispetto dei diritti umani ma è oggi anche una vera e propria “questione sociale”, dal momento che riguarda trasversalmente classi, famiglie, generazioni, gruppi etnici di riferimento. È anche un grave problema di salute pubblica, che incide direttamente sul benessere fisico e psichico delle donne e indirettamente sul benessere sociale e culturale di tutta la popolazione (OMS). Le violenze generano spese pubbliche più elevate per i servizi medici, per il sistema giudiziario, per la sicurezza e, soprattutto, per il prezzo pagato dalle future generazioni in termini di disagio e sviluppo. Il territorio di Pordenone si è mostrato particolarmente sensibile a queste problematiche, dando vita diversi strumenti condivisi, e sono stati avviati diversi protocolli, grazie ai quali i diversi soggetti pubblici e privati interessati e coinvolti dal fenomeno della violenza di genere hanno cominciato a lavorare in rete, con finalità operative – ovvero per condividere una metodologia integrata d’intervento sulle situazioni di violenza di genere tra tutti gli operatori dei diversi servizi territoriali e istituzioni coinvolti – e con finalità culturali, mirati principalmente alla prevenzione. Un lavoro di rete auspicato anche dalla Convenzione di Istanbul, che si è sviluppato in diverse tappe" si legge nella locandina dedicata all'evento.
Per maggiori informazioni e per iscriverti contatta info@listrice.it oppure il +39 3297752884
Per scaricare il programma, clicca qui.
Domenica 23 febbraio, inoltre, il Dott. Paolo Giulini, la Dott.ssa Francesca Garbarino e colleghi partecipano alla formazione sul trattamento dei rei sessuali insieme ai colleghi dell'A.P.S. L’Istrice di Pordenone.
CIPM Emilia | Piacenza: 40 uomini “in cura” per imparare a rispettare le donne
Il Presidio Criminologico Territoriale di Piacenza è il servizio che, attraverso colloqui individuali e interventi di gruppo, si occupa del trattamento di soggetti che hanno commesso maltrattamenti o reati sessuali.
https://www.youtube.com/watch?v=WVH1ygH0gfQ
"Nel 2011, anno di nascita del presidio, gli uomini in trattamento erano tre" si legge nell'articolo di Telelibertà Piacenza. Oggi, gli uomini che si sono rivolti al servizio sono 40: italiani e stranieri, di ogni età e ceto sociale. "Hanno maltrattato mogli, fidanzate ed ex oppure hanno commesso reati sessuali. Molti hanno scelto spontaneamente di aderire al progetto, altri sono stati inviati da avvocati, servizi sociali, forze dell’ordine e carcere".
L’obiettivo del lavoro trattamentale è quello di comprendere l’origine della violenza e prevenire la recidiva.
Guarda il servizio dedicato di Telelibertà Piacenza con l'intervista alla Dott.ssa Glenda Marafante, psicologa e psicoterapeuta del CIPM Emilia.
Ciclo formativo "Un altro me": 6-7 febbraio 2020, Palermo
Prevenire e trattare la violenza relazionale e contro le donne: un modello di intervento integrato | 6-7 febbraio 2020, Palermo
Il Dott. Paolo Giulini, criminologo clinico, Responsabile e coordinatore promotore dell'Unità di Trattamento Intensificato per autori di reati sessuali della II Casa di Reclusione Milano-Bollate, ha partecipato al ciclo formativo "Un altro me. Percorsi clinici e di sostegno psico-sociale agli autori di violenza di genere. Aspetti giuridici e clinica socio-psico criminologica" per presentare un modello integrato di prevenzione della violenza e trattamento degli autori.
"Dodici femminicidi dall’inizio dell’anno, cinque donne uccise in soli due giorni, sei in una settimana (...). I numeri segnalano un’urgenza riportata da più di una relazione di apertura dell’anno giudiziario, dalla Sicilia alla Lombardia: ecco perché se è certamente utile proteggere le vittime, per affrontare il problema serve intervenire anche verso i maltrattanti. Non è l’anno zero e il percorso formativo proposto (...) a Palermo fa tesoro delle analisi e dei risultati di chi sia in Italia che in Europa ha cominciato ad interrogarsi sul metodo oltre che sul merito della questione e ha elaborato strategie e programmi di training" ha ricordato ilSicilia.
Per leggere l'articolo di ilSicilia, clicca qui.
"Per una tutela più avanzata delle vittime di violenza occorre occuparsi anche del maltrattante: è questa la sfida al centro del modulo formativo (...) destinato a operatori sociali e sanitari dell'Uiepe Sicilia, con la partecipazione di magistrati, forze dell'ordine, docenti universitari e istituzioni invitati dalla Fondazione Progetto Legalità onlus per favorire un approccio interistituzionale al contrasto alla violenza di genere" ricorda Il Tempo.
Per leggere l'articolo di Il Tempo, clicca qui.