Attraverso le parole del Dott. Paolo Giulini, criminologo clinico e Presidente CIPM, il Corriere della Sera odierno dedica ampio spazio al lavoro svolto dal CIPM tra difficoltà, negazioni, speranza e cambiamento.

«Cominciò tutto alla fine del 1995. Finii casualmente fra detenuti per reati sessuali nel carcere di Sondrio. C’era gente che si diceva innocente, che “io non ho fatto niente”, che “il giudice ha sbagliato”. Tutti in lacrime con il fazzoletto in mano a spiegarmi quanto fossero perseguitati (…). Mi sono detto: a cosa serve il mio impegno di criminologo clinico con questi signori? A cosa serve il sistema penale se poi restituiamo al mondo persone rancorose e arrabbiate? Ho perfino pensato di cambiare lavoro…», racconta Paolo Giulini, presidente del Centro italiano per la promozione della mediazione.
Invece ha resistito alla tentazione.
«Beh, sì. Perché fra quelle persone mute sulle loro responsabilità un giorno si è inserito un caso che mi ha aperto la prospettiva e mi ha spiazzato».

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