“La falla nel sistema giudiziario: gli stalker liberi di diventar incubo” | Il Giornale, 20/02/2021

Condividiamo con piacere alcuni passaggi dell’intervista al Dott. Paolo Giulini, criminologo clinico e Presidente CIPM, realizzata da Il Giornale in merito alle caratteristiche degli stalker e all’intervento possibile.

 🔎 Chi è lo stalker, quali caratteristiche e meccanismi lo contraddistinguono 

“(…) perseguitare la vittima costituisce un po’ il mezzo per soddisfare la propria pulsione aggressiva, quando non è erotica. La condotta di questi soggetti non si manifesta attraverso una violenza effrattiva con lesioni del corpo, ma sadica nel rendere succube chi la subisce. Diventare l’incubo di chi viene perseguitato è la modalità dello stalker. Si tratta di un’aggressività bianca, fredda, spesso congelata. (…) Gli aspetti tipici emotivi dello stalker sono l’orgoglio, la speranza e la rabbia. L’orgoglio deriva dal fatto che lo stalker non vuole essere abbandonato. La speranza è legata all’illusione di mantenere un legame e la rabbia è il senso che emerge dall’abbandono e dalle sue conseguenze” ha spiegato il Dott. Giulini.

E prosegue: “Lo stalker, in particolare quando le persecuzioni avvengono nelle relazioni affettive, è generalmente incapace di fronteggiare un rifiuto in modo efficace, e dunque l’idea di rinunciare a qualcuno con cui ha avuto una relazione. Poi perseguita la vittima per alleviare questa angoscia, per riempire il vuoto o per sfogare la propria collera. Torniamo quindi ai tre aspetti: orgoglio, speranza e rabbia. Si evita la sofferenza prodotta dalla separazione attraverso la molestia inflitta. (…)”. “Si tratta nella maggior parte dei casi di soggetti che non riescono ad accettare l’abbandono (…) e attuano una vera persecuzione nel tentativo maldestro di stabilire questo rapporto o vendicarsi“.

Il Dott. Giulini ha inoltre ricordato quali sono i fattori che favoriscono e contribuiscono a determinare il passaggio all’atto persecutorio, come la pre-esistenza di patologie dell’attaccamento sviluppate durante la crescita, la perdita della relazione con una persona significativa (che poi diventerà la vittima) e l’attribuzione di colpa a quest’ultima rispetto alla chiusura del rapporto

🔎 La necessità di un trattamento

Rispetto al trattamento, il Dott. Giulini ricorda che si tratta di persone vulnerabili, ma non malate, che sono quindi responsabili delle proprie azioni e devono pagare la pena. “Però le loro vulnerabilità devono essere intercettate e trattate. Una volta che il sistema penale punisce queste persone, deve anche offrire loro dei percorsi specifici per trattare gli aspetti dello psichismo che hanno favorito questi comportamenti. Diversamente, scontata la pena, chi viene condannato per atti persecutori avrà ancora la convinzione di essere vittima e tornerà ad attuare quei comportamenti sbagliati. Il metodo più efficace per aiutare queste persone a comprendere come doversi comportare è il trattamento di gruppo. (…)”.

 

 

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