Speciale TG1 “Ogni 72 ore”

All’interno dello Speciale TG1 “Ogni 72 ore” di Enrica Majo il Dott. Paolo Giulini e la Dott.ssa Francesca Garbarino, criminologi e, rispettivamente, Presidente e Vice Presidente del CIPM, raccontano il lavoro trattamentale con uomini maltrattanti e sex offender.

Rispetto a queste persone, la Dott.ssa Garbarino ha ricordato: “E’ difficile fare un profilo di personalità degli uomini violenti, anzi forse è fuorviante, nel senso che rischia di portarci a una categorizzazione (…) e quindi a dire “è altro da me, è altro da noi” e quindi non porta ad affrontare il problema, ma ad allontanarlo”.

“Spesso queste persone hanno subito delle condizioni, non sempre traumatiche, ma (…) disfunzionali, nella loro storia evolutiva. Incontriamo persone che sicuramente hanno avuto un’infanzia non protetta e dunque si tratta di lavorare su questi aspetti. È un lavoro lungo, richiede un intervento di sistema ed è quello che stiamo cercando di fare” afferma il Dott. Giulini, sottolineando così la necessità di prevedere programmi di intervento sia in carcere sia sul territorio: “Si tratta di strutturare dei programmi di intervento trattamenti sia in carcere dedicati a imputati e condannati sia per reati sessuali sia per reati di violenza domestica o atti persecutori e dare la possibilità sul territorio di un servizio che possa far continuare queste persone in un lavoro trattamentale durante la pena o a fine della pena oppure far lavorare delle persone sulla loro questione violenta anche indipendentemente da una condanna“, su base volontaria.

Il servizio porta anche la testimonianza di Giuseppe, un uomo che ha frequentato l’Unità di Trattamento Intensificato presso la II Casa di Reclusione di Milano-Bollate dopo esser stato condannato per aver commesso una violenza sessuale nei confronti di una ragazza poco più che maggiorenne. “Questa frequentazione all’inizio ha avuto i canoni di una normale frequentazione. Per mettere in pratica alcuni atteggiamenti devi acquistare la fiducia. Accordo di vedersi a casa mia e c’è il rifiuto. Allora a questo punto arriva la minaccia (…) con una pistola (…). È chiaro che di fronte a una situazione di questo genere oggi penso a delle cose che non potevo assolutamente pensare a quel tempo altrimenti non le avrei commesse. (…) L’altro era un mezzo per raggiungere uno scopo“.

Ricordando il percorso trattamentale intrapreso afferma: “Mi sono messo a lavorare all’interno di un’equipe trattamentale per due anni, dove si fa una revisione critica di ciò che l’indiviudo ha commesso, cercando di capirne le motivazioni, gli atteggiamenti (…) non se ne esce completamente (…). Il percorso non finisce con la fine della carcerazione. Qualora io dovesse sentirmi in difficoltà o avere dei segnali premonitori, so dove rivolgermi“.

Altra testimonianza è quella di Mario, maltrattante, che  racconta la sua storia dall’infanzia al futuro. 

“Inizialmente c’erano delle liti molto banali [si riferisce alla compagna], (…) alla fine si passa poi alla violenza (…) lei si arrabbiava poi mi menava, io la allontanavo fino a quando una volta l’ho spinta sul letto, lei era già incinta (…) lei lì mi minacciò e mi disse che mi avrebbe lasciato (…) Quando lei mi picchiava non facevo niente perchè comunque ho visto mia mamma che aveva sofferto appunto delle violenze da parte di mio padre e allora io, ricordando la sofferenza di mia mamma, cercavo di evitare queste cose qua perchè se no mi sarei comportato uguale a mio padre ed è una cosa che non ho mai voluto (…). Ho cercato di non fare come faceva mio papà perchè io la sofferenza di mia mamma me la ricordo“. “(…) ho scoperto di essere malato di rabbia (…) sono arrivato oltre, ho messo le mani al collo. Lì mi sono reso conto che c’era effettivamente qualcosa che non andava perchè mi ero comportato appunto come faceva mio papà”

E raccontando la sua infanzia ricorda: “Quando ero piccolo sono stato abusato da un ragazzo che era molto più grande di me, aveva 10 anni in più di me, io ne avevo 5. Sono stato abusato sessualmente e infatti questa cosa qui ha inciso molto nella mia vita perchè.. ora poi ho compreso, dopo tante sedute e tanti anni, perchè comunque sono in cura dal 2014 con una psicologa (…) ho imparato a convivere con me stesso. Non si cambia, ma semplicemente si migliora. (…) Ho un buon lavoro, mio figlio (…) sta crescendo, mi ama e sto facendo il possibile per creare poi un rapporto con lui che sia sano”

Infine, in merito al Protocollo Zeus, Alessandra Simeone, Direttrice della Divisione anticrimine della Questura di Milano, ha affermato che “(…) per aiutare a 360° la donna [dobbiamo] necessariamente agire attraverso la rieducazione del maltrattante. Molto spesso le donne (…) sono legate da un rapporto stretto, purtroppo, al loro carnefice (…) sono ambivalenti. Abbiamo avuto l’idea di far seguire all’ammonimento del questore, che è una misura di prevenzione che viene adottata nei casi di stalking, maltrattamenti e cyber bullismo previsti dalla legge, un progetto di  rieducazione, un percorso trattamentale per i soggetti ammoniti”, percorso che viene avviato proprio presso il CIPM. Come ricorda il Dott. Paolo Giulini, questo lavoro di prevenzione non solo ha dato risultati incoraggianti, ma è fondamentale in quanto, studi effettuati nella criminologia americana, riportano che il 76% delle donne che sono state uccise avevano in precedenza segnalato degli atti persecutori.

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